Le collezioni di Gioia Maini esprimono vere e coraggiose dichiarazioni del proprio stato d’animo in maniera ironica e anti convenzionale delineando cosi la personale filosofia stilistica della designer.
Gioia Maini trasforma le ispirazioni artistiche in creazioni dall’ animo camaleontico ed eclettico.
Gioia Maini, designer dalla forte personalità artistica e creativa intraprende il proprio percorso iniziando gli studi presso l’Istituto d’Arte nella sua città natale Bologna. Prosegue la propria formazione scegliendo il design industriale presso la facoltà di Firenze per poi trasferirsi nella città catalana Barcellona, dove amplia la sua conoscenza nel settore moda e fotografia.
La designer, lavorando dietro le quinte sia per il cinema che per il teatro, riscontra un notevole interesse per il mondo delle scarpe, tanto da creare in seguito il suo brand personale.
Quando è iniziato e come si è sviluppato il tuo percorso artistico con il passare degli anni?
Il percorso artistico direi da piccina, già dall’asilo ero bipolarmente attratta dagli opposti e quindi indecisa tra essere una segretaria vestita di grigio o una stilista eccentrica…
Senza eccedere, “credo io” che la bilancia ha comunque pesato dal lato artistico ed eccomi qua.
“Ogni tanto rimpiango non aver coltivato di più il mio lato segretaria, sarei sicuramente più organizzata…”.
Ho studiato un po’ di tutto, sempre nel territorio artistico, incominciando dall’istituto d’arte alle superiori, passando a disegno industriale all’università fino ad arrivare a fotografia e alla specializzazione in disegno di costumi una volta trasferita a Barcellona dove ho lavorato da costumista qualche anno prima di passare alle scarpe. Non mi sono mai definitivamente saldata al 100 % in qualcosa, ho paura della stabilitá e delle etichette e così fluttuo da una disciplina all’altra cercando di farle coincidere e compenetrare in modo sinergico e costruttivo.
In che modo sei arrivata alla consapevolezza che, il tuo desiderio e il tuo obiettivo era la nascita di un tuo brand personale di scarpe?
Se dovessi parlare di consapevolezza mentirei… E’ stata più che altro una scommessa con la vita, venivo da un periodo realmente duro dal quale pensavo di non uscire, cosi in un periodo sabbatico dal lavoro di costumista, mi misi a prendere lezione di manifattura della calzatura… Quando “giunse il momento” di rimettermi in carreggiata pensai che la cosa che mi avrebbe ridato la vitalità perduta sarebbe stato creare qualcosa di mio, che comprendesse sia l’aspetto lavorativo ma anche quello personale, e decisi che l’oggetto del desiderio da realizzare sarebbe stato una calzatura e così lanciai a Barcellona la mia prima collezione: Diana. Ed effettivamente vivo le mie collezioni più come figlie che come materiale da riproduzione economica…
Stravaganti ed eccentriche, in che modo trovi l’ispirazione per far nascere le tue collezioni?
Da tutto, se potessi trasformerei qualsiasi cosa in oggetto di design… Nel concreto, mi concentro su un tema che nel momento dato mi sta a cuore e creo qualche moodboard di riferimento, attraverso immagini e colori estraggo le linee base, che possono essere un semplice dettaglio di una linea, di un’architettura o di un volto o delle immagini della natura. In base alla forma della scarpa che decido di utilizzare, plasmo quelle linee in modo da renderle dettagli veri e propri, parte di un oggetto indossabile. Nell’ultima collezione per esempio, i grossi cordoni che allacciano gli stivali “Montalcini” si ispirano ad una foto degli anni ’70 di una donna che porta dei bigodini pieghevoli…. Non mi ricordo l’autore/autrice della foto, ma risale all’epoca delle performances corporali (Gina Pane, Marina Abramovitch). Nella collezione Diana le pennellate abbozzate e apparentemente incomplete vengono a riprodurre la vernice scrostata di una serie di automobili vecchissime che ho fotografato in Uruguay qualche anno prima. Quindi in un certo senso, sono attratta da un tema vasto, ma a dare la forma finale spesso sono dei piccoli dettagli….
I modelli da te creati rispecchiano anche il tuo “Io personale” o sono un insieme di ispirazioni quotidiane e vissute che si tramutano in realtà nelle tue collezioni?
Direi che è un gran “milk shake”!
Le immagini pubblicitarie sono la rappresentazione della collezione sotto un profilo più estetico e visivo, quali sono i punti chiave sui quali focalizzi l’idea per far si ché il fruitore ne rimanga affascinato?
Non sono sicura che il cliente si affascini, spesso attraggono più per il loro contenuto artistico che commerciale, una questione che mi viene stigmatizzata da quando ho iniziato, ma non credo che cambierò il modo di proporre le mie creazioni.
SUPERNOVA è un inno forte e coraggioso verso le donne che hanno costruito la storia, in che modo hai deciso di rappresentare la loro determinazione nella tua collezione?
Sin da subito ho assorbito da loro, scegliendo tra tante possibilità 11 donne che rappresentassero un passato e un presente che rispecchiasse il mio pensiero, una volta realizzati i primi prototipi, al momento di fotografare le scarpe, ho voluto mostrare un ventaglio di caratteristiche che rappresentassero forza e libertà in forma visuale. (L’uomo che veste una scarpa femminile e che quindi non è spaventato nella sua virilità dall’essere anche donna, la donna che lascia crescere i suoi peli e li mostra imbellettandoli senza vergogna, la donna matura ma giovane…).
Siamo curiosi e affascinati dall’idea di ricevere una breve anticipazione sulla tua prossima collezione. Come ci stupirai?!
Eh… in realtà sono in una fase di transizione e a parte che ho sempre cercato di eliminare la stagionalitá, nel limite del possibile creando collezioni “seasonless”, la prossima collezione sarà più che altro un progetto… lascio suspance a questo punto…
Published by